Il progetto di revisione della normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del Decreto legislativo 231/2001, frutto del lavoro condotto dal tavolo tecnico presso il Ministero della Giustizia (come riportato dal «Sole 24 Ore» del 15 aprile), introduce modifiche rilevanti in alcuni ambiti fondamentali. Gli interventi si concentrano, in particolare, sull'onere della prova, sulla struttura e sui contenuti del modello organizzativo, sul sistema sanzionatorio e sulle modalità di estinzione dell’illecito. Tuttavia, non affrontano alcuni aspetti considerati da tempo cruciali dagli operatori del settore, in primis la regolamentazione dell’Organismo di Vigilanza (OdV).
La nuova formulazione dell’articolo 6 abbandona la precedente distinzione tra soggetti apicali e sottoposti, ponendo al centro la «colpa di organizzazione» dell’ente. In questa prospettiva, l'ente sarà ritenuto responsabile se il reato, commesso nell'interesse o a vantaggio dell’ente da parte di soggetti in posizione apicale o subordinata, è riconducibile a una mancata adozione o a un’inefficace attuazione di modelli organizzativi adeguati alla prevenzione di illeciti della stessa natura. Inoltre, la responsabilità si configura anche quando l’illecito deriva dalla violazione dei modelli organizzativi, agevolata da controlli assenti o inadeguati. Le differenze tra apicali e sottoposti rimangono rilevanti solo per modulare le sanzioni interdittive, ai sensi dell’articolo 25, comma 5. La revisione normativa recepisce così gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la responsabilità dell’ente si fonda sull’inadeguatezza organizzativa, ritenuta elemento centrale nella prevenzione dei reati presupposto.
Tra le novità più significative si segnala l’inserimento esplicito della «descrizione dei controlli interni» tra i contenuti essenziali del modello organizzativo. Questa innovazione sembra recepire un orientamento dottrinale che attribuisce un ruolo centrale alle attività di controllo nel sistema delineato dal Dlgs 231, anche in relazione agli strumenti volontari adottabili dagli enti, come le certificazioni di qualità. Per il resto, i contenuti del modello restano sostanzialmente allineati a quelli già previsti dalla disciplina vigente. Nonostante l’ampiezza della revisione, non si registrano interventi significativi riguardo all’Organismo di Vigilanza. Rimangono dunque irrisolti diversi aspetti pratici, tra cui le modalità di nomina e composizione, la scelta tra struttura monocratica o collegiale, i criteri di professionalità, l’eventuale incompatibilità, le relazioni con gli organi di controllo interni e la responsabilità dei componenti. Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante alla luce di pronunce di merito che, in alcuni casi, attribuiscono all’OdV un vero e proprio dovere impeditivo rispetto al verificarsi dell’illecito. Una modifica degna di nota riguarda invece l’introduzione di un’incompatibilità che esclude il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione dalla possibilità di svolgere anche le funzioni dell’OdV. Analoga esclusione è prevista per gli organi dirigenti degli enti di dimensioni ridotte.
In conclusione, la riforma segna un passo avanti sul piano sistematico, ma lascia irrisolte questioni operative che avrebbero meritato un chiarimento normativo, soprattutto in relazione all’operato e alla struttura dell’Organismo di Vigilanza.
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